Quale Europa vogliamo?
QUALE EUROPA VOGLIAMO?
di Andrea Citron, presidente provinciale delle Acli di Treviso
Tra il 22 e il 25 maggio tutti i paesi dell’Unione europea saranno chiamati ad eleggere i propri rappresentanti al nuovo Parlamento di Bruxelles. Un appuntamento importante che, come in tanti stanno più volte segnalando in questo periodo, apre a numerose questioni e soprattutto a molte incognite: sul ruolo stesso dell’Europa e sulle scelte che compirà per superare o meno egoismi particolari a vantaggio del bene collettivo, sulla sua capacità di costruire un legame di vicinanza e di appartenenza con i cittadini, sulle strategie politiche ed economiche che orienteranno le future decisioni.
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“L'Europa deve essere percepita come un'istituzione orientata allo sviluppo e al benessere dei popoli e non come un opprimente e autoreferenziale apparato burocratico e finanziario – hanno ribadito anche le molte associazioni che sostengono la scuola di formazione sociale e politica di “Partecipare il presente”, di cui anche le nostre Acli fanno parte, quest’anno dedicata proprio a riflettere su quale Europa vogliamo -. Le intenzioni dei padri costituenti sono rimaste in buona parte sulla carta e i poteri finanziari continuano indisturbati i loro condizionamenti sulle economie locali, mettendo a dura prova le stesse istituzioni democratiche. Per questo c'è bisogno di rilanciare gli ideali fondativi da parte delle democrazie e dei popoli dell'Unione”. C'è bisogno di nuova impresa e di nuovo lavoro, per una nuova economia sociale. C'è bisogno di testimonianza e di valori profondi. Contro ogni rassegnazione e contro ogni tentazione di rinchiudersi in politiche localiste e isolate.
"La federazione europea non si proponeva di colorare in questo o quel modo un potere esistente. Era la sobria proposta di creare un potere democratico europeo". Scrisse Altiero Spinelli,politico e scrittore italiano, sovente citato come padre fondatore dell'Europa per la sua influenza sull'integrazione europea post-bellica.
Soprattutto con l'accentuarsi della crisi, i commenti "più Europa, meno Europa" si sprecano. A poco più di vent'anni dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, l'idea e gli ideali che mossero la costituzione dell'Unione paiono essere in crisi. E' possibile una risposta che sappia coniugare gli imperativi di bilancio con politiche economiche che rendano nuovamente l'Europa un continente dinamico, innovativo e attento ai bisogni sociali dei suoi cittadini? Noi crediamo di sì, nella misura in cui verrà rilanciato l’impegno economico, politico ed anche sociale, per esempio sostenendo iniziative concrete per favorire l’occupazione, adottando provvedimenti inclusivi a livello sociale e in grado di contrastare la povertà, avviando reali politiche comuni in settori strategici, realizzando una significativa convergenza delle imposizioni fiscali.
Numerosi sono comunque i vantaggi portati dall’Unione Europea: l’assenza di nuove guerre tra stati, la libera circolazione di uomini e merci, la reciproca conoscenza, il tentativo di far fronte comune rispetto alla concorrenza economica e politica dei paesi emergenti. Quando trovano un accordo, esprimendosi con un’unica voce, gli stati membri dell’Ue sono significativamente più incisivi, qualsiasi sia la questione che affrontano.
Per l’Italia, poi, queste elezioni europee non sono come le altre. Oggi l’’Unione non è più vissuta come il simbolo del progresso a cui il paese deve aspirare se vuole superare i tanti mali che lo affliggono, ed anzi, è spesso ritenuta la causa delle fatiche italiane. In molti pensano, anche con qualche ragione, che sono le istituzioni economiche e finanziare europee ad aver imposto al nostro paese misure restrittive, sacrifici e tagli alla spesa pubblica. Quanto alla moneta unica, molto si discute ancora rispetto al suo reale significato per il tenero di vita degli italiani.
Dunque, la posta in gioco è molto alta, e tuttavia rappresenta un punto nodale, proprio per andare a ridefinire quale Europa vogliamo, che sappia raccogliere le differenze e costruire unità.