Primo maggio a Carbonera. Musica, danze e testimonianze dal mondo dell'occupazione
Una giornata di festa, di riflessione, di confronto e di ascolto, ma anche di proposte e di visione di futuro: è stato questo il Primo maggio promosso dall’ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro, insieme a Fondazione Opera Monte Grappa, Acli provinciali di Treviso e Venezia, associazione Famiglie 2000, che quest’anno si è svolto nell’oratorio di Carbonera. Ha collaborato anche l’associazione “Musicalmente Orchestra”, coreografie di Centro danza Movi-Menti di Fontane di Villorba.
La conciliazione tra lavoro e vita famigliare è stato il tema “filo conduttore” della giornata, che si è aperta con la messa alle 11, presieduta dal vescovo Michele Tomasi, cui è seguito lo spettacolo musicale “C’è da fare”, con testimonianze dal mondo del lavoro: Veronica Sacchetto, studentessa; Oriana Tonin, insegnante alla Scuola di formazione professionale Fondazione Opera Monte Grappa; Giulio Piccin, product e csr manager di Aku Italia srl, padre di due figli; Martina Barbazza, assistente sociale e madre di tre figlie; Vania Marsonetto, psicologa del lavoro; Franco Cuzziol, titolare della ditta Model Stampi srl di Oderzo; Lidia Borzì, presidenza nazionale Acli, direttivo del Forum delle Associazioni familiari.
Mons. Tomasi, nell’omelia della festa di San Giuseppe lavoratore, ha sottolineato che il lavoro è legato alla natura della persona umana, alla sua dignità. “Dio crea e chiede all’uomo, chiede ma anche offre all’uomo la possibilità di collaborare alla sua opera di creazione e trasformazione” ha ricordato il Vescovo, che ha citato un intervento di papa Francesco su giovani e lavoro, nel quale il pontefice parla di «unzione», di un dono di grazia, di manifestazione dell’intrinseca dignità della persona, fonte e strumento di gratuità. I giovani disoccupati «crescono senza dignità, perché non sono “unti” dal lavoro che è quello che dà la dignità» (Visita pastorale a Genova, Incontro con il mondo del lavoro, 27 maggio 2017). “Che bello questo richiamo all’unzione, alla grazia, alla sacralità del lavoro che porta benedizione, che richiama alla salvezza integrale della persona umana” ha sottolineato il Vescovo, che ha ricordato come “il figlio del falegname” abbia imparato proprio da Giuseppe “l’arte di stare al mondo, di modificarlo con l’opera delle proprie mani, di prendersi cura di sé, dei suoi e del mondo in una collaborazione di compiti, in una corresponsabilità che ricongiunge in sé tutto il creato, e il proprio rapporto con il Dio creatore”.
Il lavoro, con la sua giustizia, sicurezza e dignità, e i diritti e i doveri dei lavoratori, quindi, non possono esserci estranei, “al di fuori della cura e della responsabilità delle nostre comunità cristiane” ha detto il Vescovo, che ha citato il recente Messaggio dei Vescovi italiani, componenti della commissione di Pastorale sociale e del lavoro, scritto proprio per questa giornata e dedicato al tema “Giovani e lavoro: per nutrire la speranza”. “Vorrei anche io – le parole di mons. Tomasi, con la citazione del Messaggio – “che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni, come anche delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare. Ci impegniamo a condividere la bellezza e la fatica del lavoro, la gioia di poterci prendere davvero cura gli uni degli altri, la fatica dei momenti in cui gli ostacoli rischiano di far perdere la speranza, i legami profondi di chi collabora al bene in uno sforzo comune”.
Di qui la riflessione del Vescovo sul senso profondo del lavoro nella vita di ogni persona e come contributo alla costruzione di un mondo più giusto, bello e fraterno, in ascolto soprattutto dei giovani:
“Su questo cammino ci impegniamo a cercare sempre nuove e più efficaci vie di armonizzazione della vita familiare e di quella lavorativa, la possibilità di ritmi di lavoro più umani, di relazioni giuste che rifiutino tanto lo sfruttamento del lavoro quanto la riduzione delle relazioni lavorative unicamente al massimo rendimento finanziario. Il lavoro deve essere contemporaneamente fonte di sostentamento e forma di vita orientata al senso profondo dell’esistenza e allo sviluppo integrale di ogni persona, come anche al rispetto del creato e al servizio di chi più ha bisogno. Ascoltiamo i molti giovani – l’appello del Vescovo – che si stanno impegnando per un modo più giusto, bello e fraterno, assieme a tanti altri che hanno sicuramente molto da dire, ai quali ci offriamo come compagni di viaggio”. E qui, ricordando un altro passaggio del Messaggio dei Vescovi, mons. Tomasi ha parlato del rapporto tra Vangelo ed economia, un tema al centro del movimento internazionale di giovani “The economy of Francesco”.
“Vogliamo trovare il modo ed il tempo per sognare il loro stesso sogno di un’economia di pace e non di guerra; un’economia che si prende cura del creato, a servizio della persona, della famiglia e della vita; un’economia che sa prendersi cura di tutti e non lascia indietro nessuno. Desideriamo un’economia custode delle culture e delle tradizioni dei popoli, di tutte le specie viventi e delle risorse naturali della Terra, «un’economia che combatte la miseria in tutte le sue forme, riduce le diseguaglianze e sa dire, con Gesù e con Francesco, “beati i poveri”» , come troviamo espresso nel Patto tra il Papa e i giovani di Economy of Francesco, Assisi 24 settembre 2022. Oggi siamo chiamati a condividere passi e contributi di tanti, perché questa «economia di Vangelo» non rimanga solamente un sogno” (dal Messaggio dei Vescovi italiani per la Festa dei lavoratori, 1° maggio 2023)
“Potremo celebrare davvero la festa del lavoro e vivere concretamente l’intercessione di san Giuseppe falegname, lavoratore, soltanto quando i discepoli di Cristo saranno concordi in questo servizio alla persona e all’umanità intera, quando il Vangelo proclamato ed amato nelle nostre Chiese sarà lo stesso vissuto in semplicità, bellezza e creatività anche nella nostra economia, e in tutte le relazioni umane, quando tutti potranno vivere la realtà del lavoro come «un’unzione del Signore», fonte di benedizione e di speranza”.