In Serbia nasce il “Social Café #RefugeesWelcome” di Ipsia
Educazione non formale, laboratori creativi, percorsi di formazione: il “Social Cafè #RefugeesWelcome” che sarà inaugurato da Ipsia e Caritas il 16 settembre, vuole essere uno spazio di socialità a disposizione dei richiedenti asilo accolti nel centro di transito di Bogovadja, in Serbia.
Da ottobre 2016, Ipsia (l’ONG delle Acli), Caritas Italiana, Caritas Ambrosiana e Caritas Valjevo lavorano nel centro di transito per richiedenti asilo di Bogovadja, a 70 km da Belgrado, con uno staff di operatori locali e internazionali che offrono supporto psicologico e propongono attività educative, culturali e di animazione. L’obiettivo principale è migliorare la qualità del tempo che le persone trascorrono nel centro, rivolgendosi a tutte le fasce della popolazione: bambini, adolescenti, donne, famiglie e singoli individui.
L’idea di aprire un Social Café ― una stanza ristrutturata da Ipsia e Caritas all’interno della sede del centro di Bogovadja, ma situata in un edificio separato ― risponde ad un bisogno espresso dagli ospiti del centro: “Vuole semplicemente essere uno spazio di aggregazione e di informalità, di rottura dalla routine quotidiana, dal trascorrere sempre uguale del tempo, scandito dalla distribuzione dei kit, dalle registrazioni, dalle visite sanitarie o dagli iter burocratici,” afferma Mauro Montalbetti, presidente di Ipsia.
Il Social Cafè è un luogo dove si tengono attività legate soprattutto all’educazione non formale e all’apprendimento, come corsi di informatica e di lingue, percorsi di orientamento lavorativo e di formazione professionale, con lo scopo di intercettare le diverse esigenze di apprendimento ma anche di incoraggiare i primi passi verso l’integrazione in Europa. Lo spazio dispone di postazioni informatiche di un’area bar, che permetta agli ospiti del centro di bere un caffè o un tè mentre partecipano alle attività.
Questa iniziativa “si inserisce nel quadro più ampio di proposte promosse nell’anno pastorale 2016 attraverso l’iniziativa Sconfinati - Il diritto di rimanere nella propria terra” spiega Sergio Malacrida, responsabile per l’Europa orientale di Caritas Ambrosiana. E fa parte del progetto di interventi psico-sociali realizzati da Ipsia nei campi profughi in Serbia, da maggio 2015 alle prese con una crisi migratoria senza precedenti. Nel 2015 e fino a marzo 2016, oltre920mila migranti hanno attraversato il Paese cercando di raggiungere l’Ungheria e l’Austria.
“Ipsia interviene nell'area balcanica dalle guerre degli anni ‘90, per noi è stato naturale metterci a disposizione e dare il nostro contributo operativo sull’emergenza profughi in collaborazione con la rete di Caritas,” spiega Mauro Montalbetti. “Il nostro augurio e auspicio è che la permanenza delle persone duri il meno possibile e che si acceleri la ricollocazione. Ma nel frattempo saremo qui con loro, in supporto e in ascolto”.
“La continuità dell’intervento di Caritas Ambrosiana nei Balcani è garantita attraverso il Social Café come luogo di risposta concreta all’invito del Papa, contenuto nell’Evangelii Gaudium: Non lasciamoci rubare la speranza,” conclude Sergio Malacrida. “Il Social Café è un luogo che va oltre la risposta all’emergenza, e che permette il riconoscimento della persona nella sua dignità, attraverso la valorizzazione delle proprie capacità e competenze”.
Oggi più di 4mila persone sono in attesa di un permesso dalle autorità ungheresi per entrare nell’Unione Europea, oppure alla ricerca di un modo per varcare illegalmente il confine. La maggior parte dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti è ospitata in 18 centri di accoglienza governativi, tra questi il centro di Bogovadja che ospita circa 250 persone. Secondo gli ultimi dati complessivi, il 43% è costituito da minori, il 14% da donne e il 43% da uomini adulti, e provengono in maggioranza da Afghanistan (66%), Iraq (11%), Siria (5%) e Pakistan (9%).