Don Milani e la disintermediazione ante litteram
26 giugno 1967-2017
La lezione del Priore di Barbiana a cinquant’anni di distanza dalla sua morte.
Papa Francesco nel messaggio inviato a “Tempi di libri” a Milano per la presentazione dell’opera omnia del sacerdote di Barbiana ha scritto: “La storia si ripete sempre. Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra riposta alle esigenze del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi”. Non posso fare a meno di chiedermi in che modo il Priore avrebbe cercato di far conoscere la realtà dei giorni nostri ai suoi ragazzi di Barbiana. O meglio, in che modo avrebbe cercato di farlo con i ragazzi di Barbiana del 2017? Quali testimoni da “vivisezionare” avrebbe invitato a fargli visita tra le sue montagne? Quali sarebbero state le sue considerazioni sulla carta stampata e sulla comunicazione digitale?
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di don Lorenzo Milani; il suo messaggio, pur rifancendosi ad un contesto sociale molto diverso dal nostro, è ancora attuale e vivo. La sua è stata una battaglia contro ogni forma di discriminazione e di emarginazione sociale condotta con l’arma più potente che le persone possono avere a disposizione: la formazione e l’accesso al sapere! Ancor meglio, un accesso al sapere disintermediato ma cosciente, consapevole e, aggiungerei, co-costruito. In fin dei conti i suoi ragazzi costituivano una “community” che discuteva e si confrontava sui temi sociali, politici, culturali. Forse corro il rischio di fare ciò che il Priore non avrebbe voluto, ovvero mitizzare il suo operato, tuttavia non posso non esternare una personale rassicurazione data dalla possibilità di ispirarsi allo stile e all’approccio di questo testimone.
Il suo “prendersi cura” mi riporta alla necessità costante di analizzare con attenzione, quasi maniacale, tutti le componenti di queste comunità, senza illudermi mai che sia sufficiente professare la complessità. Sarebbe né più né meno una resa. Infatti, è indubbio che stiamo attraversando un periodo di trasformazioni epocali dove si fatica a trovare dei punti di riferimento a cui aggrapparsi per leggere la realtà, dove i criteri interpretativi che ci hanno portato fino a qui non sono più validi, dove non esistono i confini ma si continua a costruire muri, dove si pensa globale ma ci si arrocca nel particolare.
Mai come in questo momento così delicato è fondamentale darsi come obiettivo quello di riportare un po’ di luce nel nostro contesto sociale così cupo e ciò significa prima di tutto agire in risposta ad una responsabilità personale. Secondo poi, per chi ha dei ruoli di rappresentanza politica o associativa, vuol dire prendersi cura del bene comune, delle comunità secondo principi di accoglienza e solidarietà. Mi piace concludere con una riflessione di uno storico studioso dell’opera di don Milani: diceva che “la pedagogia non è una professione e neanche un settore della vita dell’uomo, ma coincide con la vita che è sempre sociale.”
Laura Vacilotto
Presidente provinciale Acli