Il lavoro ai tempi della crisi
IL LAVORO AI TEMI DELLA CRISI
Due chiacchiere con Alessia Bottone autrice del libro “Papà mi presti i soldi che devo lavorare”.
Tirare fuori coraggio, grinta e determinazione. Fare di ogni occasione una opportunità. Specializzarsi in tutto e sapersi adattare.
Sono indicazioni che anche Alessia Bottone ha imparato sulla propria esperienza di vita, giovane, alla ricerca di un lavoro, raccontate in un divertente libro “Papà mi presti i soldi che devo lavorare” e ad un recente incontro pubblico alle Acli di Treviso.
Stalker del lavoro
Classe 1985, una laurea in Scienze politiche, istituzioni e politiche per la pace e i diritti umani, ovvero in Scienze della disoccupazione a lungo termine, come dice lei. Ha all’attivo due pubblicazioni, “L’amore ai tempi dello stage” e appunto “Papà mi presti i soldi che devo lavorare”, e una nuova idea su cui si sta concentrando. Gestisce un canale youtube e un blog "Danordasudparliamone", da cui ha scritto una lettera al ministro Fornero che ha ricevuto moltissima attenzione dai media.
"Nel 2011 sono tornata in Italia dopo diverse esperienze all’estero di studio, stage e lavoro, e ho cominciato a cercare una occupazione senza grandi risultati – racconta -. Dopo un po’ ho perso il lavoro di lavapiatti e ho avuto l’impressione di aver sbagliato tutto il mio percorso e le mie scelte professionali. Allora presi carta e penna e scrissi una lettera al quotidiano della mia città L’Arena, che poi fu pubblicata anche da alcuni altri media nazionali”.
Così Alessia comincia a farsi conoscere, apre il blog, scrive il suo primo libro, collabora con alcune testate giornalistiche e con La7.
“Nel 2013 ho finalmente trovato lavoro in una azienda grazie al passaparola, come spesso accade in Italia – continua –; l’anno successivo esce “Papà mi presti i soldi che devo lavorare” un manuale ironico e irriverente per chi cerca lavoro o ha perso la speranza”. Una collezione esilarante di paradossali colloqui, richieste singolari e annunci bizzarri. Consigli utili per districarsi fra i "lei è troppo per la nostra azienda", "lei è una persona instabile, ha viaggiato troppo" e i "dobbiamo tornare tutti all'agricoltura". Uno spunto per riflettere, sorridendo, sui cambiamenti del mondo del lavoro e della nostra società ma soprattutto per non arrendersi di fronte all'incertezza, con la consapevolezza che dalla crisi se ne esce solo credendo in se stessi e nelle proprie capacità.
Un lavoro retribuito? E magari che piace?
“Quando è uscito il libro mi sono inventata ufficio stampa di me stessa. E’ stata una esperienza interessante per capire come si affronta questo lavoro, come si scrive una mail per presentarsi, come convincere Canale 5 a farti invitare. Per ciò dico: tutte le occasioni vanno trasformate in opportunità”.
“Se guardo al mondo del lavoro oggi – ci dice Alessia scambiando qualche riflessione a margine dell’incontro con le Acli -, mi sembra che le preoccupazioni maggiori debbano riguardare la questione dei salari e quella delle forme contrattuali ancora troppo spesso proposte ai giovani. Fare ciò che piace per lavoro, ciò per cui si ha studiato e si è portati, è diventato un lusso. Ma amare il proprio lavoro non è secondario anzi. Se vengono a mancare sicurezza e gratificazione tutto si complica e la frustrazione è, credo, palpabile”. Tanti degli amici di Alessia sono andati all’estero, hanno trovato lavoro, fatto carriera, costruito la propria vita. E, a meno di non avere affetti e famiglia in Italia, non ci pensano proprio a tornare.
“Le cause sono molte, dalla formazione universitaria alla questione dei contratti, dal tema dei salari alle politiche di conciliazione… Non si può essere considerabili apprendisti a trent’anni; non si può passare anni a studiare “teoria” e mai sperimentarsi durante la propria formazione nella pratica; non si può tarpare le ali ad una intera generazione di giovani. Credo che però – conclude. sia fondamentale dirci che il lavoro non può essere solo motivo di ansia, di paura, di frustrazione ma deve liberare i sogni, soprattutto dei giovani. E per questo è necessario amare ciò che si fa, perché solo così si costruisce, si moltiplica la creatività, l’impegno. La motivazione, evidentemente “fa novanta”.