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L'OTTO MARZO: Fare la differenza

    L'OTTO MARZO: Fare la differenza

    Covid, disparità di genere in ambito lavorativo, e fragilità enormi. Anche a Treviso la pandemia ha amplificato le disuguaglianze sociali, mettendo la donna – specie se con carichi familiari – in grande difficoltà. In vista dell’8 marzo le Acli promuovono due appuntamenti informativi.

    Affaticate dalla complicata (a volte quasi “impossibile”) “conciliazione” famiglia- lavoro; dispiaciute per dover rinunciare ad un impiego per dedicarsi ad un figlio appena nato; arrabbiate e con la percezione di vivere situazioni di pregiudizio, disuguaglianza; anche rammaricate per non riuscire a trovare lo spazio nei contesti di lavoro dove poter “fare la differenza”. Sono anche così le donne che nell’ultimo periodo si sono rivolte ai nostri uffici per le pratiche di disoccupazione, dimissioni volontarie, analisi della bustapaga, controlli di vario genere.

    Salari non riconosciuti, mancati avanzamenti di carriera, livelli occupazionali inferiori, carichi familiari: la situazione dell’occupazione femminile a Treviso conferma tutte le disparità di genere in ambito lavorativo, ampliate dalla pandemia in atto fino a diventare vere e proprie disuguaglianze sociali. I dati Istat di dicembre confermano che su 101 mila nuovi disoccupati, 99 mila sono donne.

    “Il calo di partecipazione delle donne al mercato del lavoro (che si stima attorno al -5%), congiuntamente al differente tasso di occupazione rispetto all’uomo (più basso di 15 punti percentuali nella nostra provincia) dipendono da molti fattori – spiega Chiara Pozzi dell’Ufficio Lavoro del Patronato Acli -. La maggior parte dei settori in cui le donne sono occupate sono anche i più vulnerabili e colpiti dalla pandemia, per esempio tutto il non profit o i servizi alla persona”. Si aggiungano i provvedimenti di chiusura delle scuole: non solo la cura dei figli è di fatto principalmente in carico alla donna, ma il reddito percepito dalle madri è tipicamente inferiore rispetto a quello dei padri e dunque la preclusione o la limitazione della regolare attività lavorativa da parte delle donne sembra quasi un atto logico.

    “In tante ci raccontano che laddove lo smart working è stato possibile, si è sovrapposto agli impegni domestici e annullato la separazione temporale tra vita domestica e vita lavorativa – prosegue Pozzi -. La conciliazione è principalmente demandata ancora alle donne”.

    Da anni il rapporto annuale sulle convalide delle dimissioni dell’ispettorato del lavoro evidenzia che la maggior parte dei provvedimenti riguarda le lavoratrici madri. Nel 2018 e nel 2019 il 73% delle dimissioni entro i primi tre anni di vita del bambino sono state rassegnate da neomamme ed i dati 2020 prevedibilmente non saranno più confortanti.

    “Il rientro al lavoro resta con mille difficoltà – precisa Alessandro Pierobon, presidente provinciale Acli -. Nuova organizzazione famigliare, gestione di stereotipi di ogni tipo, fatica nella concessione del part-time sono tutti motivi di forte frustrazione che ogni giorno raccogliamo ai nostri uffici”. In questi mesi sono arrivate mamme pesate dalla gestione della famiglia tra bambini e nonni da tutelare, lavori da provare a mantenere, congedi che hanno visto dimezzare le entrate per assenza dal posto di lavoro.

    Dato questo scenario, anche in occasione dell’8 marzo le Acli hanno organizzato due incontri tecnici informativi gratuiti: il primo – il 10 marzo alle ore 20.30 su piattaforma zoom - fa il punto sui diritti e le tutele dei genitori al rientro al lavoro dopo la nascita di un figlio; il secondo – il 17 marzo sempre alle ore 20.30 in modalità online - mette al centro i bonus e le misure di sostegno alla genitorialità attualmente attive, anche in previsione dell’assegno unico per figlio. Informazioni sui codici di accesso sul sito www.aclitreviso.it.

    “Ora, in attesa di capire se con nuove misure di contenimento le scuole chiuderanno, sollecitiamo il necessario reintegro del congedo indennizzato – conclude Pierobon – perché non si possono scaricare ancora sulle famiglie i costi e le conseguenze di questa pandemia”.

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira