Riaprire le aziende. Intervista a Laura Vacilotto
La pandemia di Coronavirus, con il blocco di tantissime attività economiche, sta ponendo alla nostra società un interrogativo di enorme rilevanza, che vede incrociarsi in questi giorni punti di vista assai diversi ed interessi contrapposti: in quali tempi consentire la riapertura delle fabbriche e la ripresa delle attività nei diversi settori, dal manifatturiero alle attività commerciali, dall’artigianato al turismo?
Ecco l'intervista di Franco Pozzobon, giornalista del settimanale diocesano L'azione a Laura Vacilotto, presidente provinciale delle Acli di Treviso.
“È un interrogativo certamente difficile. Noi come Acli siamo chiaramente per la piena tutela dei lavoratori e della loro salute.
In queste settimane riceviamo tutti i giorni tantissime telefonate e mail che chiedono rassicurazioni dal punto di vista normativo sui bonus, i congedi parentali… Si percepiscono timori ed un disagio che fanno prevedere presto una crisi economica preoccupante.
Quello della sicurezza nel riaprire le attività è un problema che ci poniamo anche come datori di lavoro, poiché nei vari servizi del Sistema Acli abbiamo una cinquantina di dipendenti, a cui si aggiungono una ventina di “stagionali” per la compilazione dei 730.
Ritengo una bella cosa la scelta del Governo di creare una “task force” che studi le modalità per la ripartenza nei diversi settori delle attività sociali, economiche e produttive. Spero che venga ripensata l’organizzazione del lavoro, perché non è solo una questione di dotare i lavoratori di dispositivi di sicurezza: mascherine, guanti, pareti divisorie, ecc.
Invece, ad esempio, c’è da considerare anche l’aspetto piscologico che non è secondario, perché occorre capire il timore che può esserci quando ci si ritrova con tante altre persone. Pensiamo ai nostri sportelli solitamente con decine di persone in attesa come anche in tanti uffici pubblici; oppure pensiamo alle attività ed esercizi commerciali.
Occorre ragionare su una cultura ed organizzazione del lavoro che è una cosa ben più complessa, tenendo presenti tutte le diverse esigenze che devono essere contemperate”.
Quali potrebbero essere alcuni criteri per valutare la riapertura dei luoghi di lavoro?
“Innanzitutto la prudenza ed anche l’onestà nell’analisi della diverse situazioni. Credo che in ogni realtà datoriale, anche la più piccola, si possa capire cosa è prioritario o meno, riorganizzando il lavoro anche secondo le esigenze attuali.
Secondo me, quindi, occorre considerare i datori dei lavoro degli alleati, renderli protagonisti di un percorso di tutela che parte dalla singola attività produttiva, mettendo loro a disposizione anche delle risorse. Nelle grandi aziende magari è più facile, mentre nelle piccole aziende artigianali con pochissimi dipendenti dove “tutti fanno tutto” è più difficile. Avere un aiuto concreto all’interno del sistema può essere decisivo, dal piccolo per arrivare al grande. Investire per rendere più sicuri i luoghi di lavoro anche per il futuro può essere utile anche in seguito”.
Anche dal punto di vista sociale quale situazione è da prevedere?
“Con la Caritas e con altre associazioni ed enti ci stiamo confrontando su quello che accadrà nei prossimi mesi. La previsione è che ci sarà un impatto economico notevole per tanti. Se alcune categorie di persone – i lavoratori con reddito basso, le persone con basso livello di scolarizzazione, le famiglie straniere, ecc. - passeranno dalla povertà relativa alla povertà assoluta, avremo anche categorie coinvolte: certi liberi professionisti, gestori di piccoli esercizi, piccoli artigiani. Anche perché non sono abituati a chiedere... Questa è la terra del “far da sé”.
Nei giorni scorsi Papa Francesco nell’omelia della messa a Santa Marta ha affermato che, in questa situazione, siamo chiamati a scegliere tra il bene della gente e il dio denaro. Secondo lei, quando si supererà l’emergenza sanitaria si tornerà come prima o ci sarà un cambiamento vero?
“Io spererei che questa fosse la molla per un cambiamento vero, per una revisione di questo sistema economico in cui non contino solo le regole del mercato. Anche perché è prevedibile che verremo continuamente sollecitati da nuove problematiche ed emergenze.
Come dicevo, conto davvero su quel che potrà fare questa “task force” formata da esperti che ragionano sul benessere sociale, anche in termini di coesione, di comunità”.
Franco Pozzebon