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Poveri e Coronavirus: emergenza nell'emergenza

    Poveri e Coronavirus: emergenza nell'emergenza

     

    I POVERI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
    FACCIAMO IN MODO CHE NESSUNO SIA LASCIATO DAVVERO SOLO

    Nel vortice degli effetti del Coronavirus aumentano le persone a rischio di povertà o, peggio, che ci finiscono dentro. E’ prima di tutto un “dato” esperienziale quello che emerge dal confronto tra le organizzazioni che aderiscono al Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà, chiamate in questo tempo da un lato a reinventare creativamente la propria vicinanza alle situazioni vulnerabili e di fragilità e dall’altro a non perdere il contatto e la relazione con chi, invece, vive in condizioni molto precarie, senza dimora, senza reti di vicinanza, senza risorse (economiche ma non solo).

    Siamo molto preoccupati, sia per la situazione attuale che nella prospettiva. Questa emergenza fa inevitabilmente venire alla superficie, tra le altre cose, le fratture, i limiti, le difficoltà di ogni persona, delle famiglie, della società stessa. Per coloro che già si trovano in situazioni di povertà, o a rischio di finirci, i pericoli sono molti e molto vicini. E’ stata posta come prioritaria la gestione sanitaria del Covid – 19, chiudendo tutto ciò che non è stato ritenuto essenziale, tra cui larga parte del “sociale”. Ma il sociale è salute pubblica – a convincerci, se ne ce ne fosse bisogno, la stessa Organizzazione mondiale della sanità che lo ribadisce ad ogni piè sospinto - e pertanto la situazione attuale rischia di diventare un boomerang che, appena passerà la fase emergenziale, travolgerà tanti.

    Alcune organizzazioni stanno tenendo aperti i servizi prioritari a favore dei senza dimora, degli ultimi, ma vivono la grande fatica sia di non avere la disponibilità dei volontari, sia per il fatto che le risorse (per esempio le borse della spesa) cominciano a scarseggiare. In molti si stanno inventando strade nuove di raccordo e collegamento, doposcuola con modalità online, telefonate via Skype, accessi a numeri telefonici con corsie preferenziali per supporti di tipo relazionale, psicologico… consapevoli però che questo è solo un palliativo e che non può in alcun modo sostituire la relazione personale, face to face.

    Questa emergenza sta allargando la forbice tra coloro che ce la fanno, che hanno risorse (personali, familiari, economiche, sociali…) e coloro che invece non riescono a stare al passo dei registri elettronici, delle lezioni su classroom… E con situazioni che talvolta sfuggono alla logica del buonsenso, perché se da un lato ci sono nuclei familiari, magari numerosi, costretti in spazi piccoli e sovraffollati, senza reddito e con gravi precarietà, dall’altro ci sono proposte per fare online qualsiasi tipo di cosa (dalle lezioni di violino, a quelle di danza classica).

    Una preoccupazione particolare riguarda poi le famiglie che si trovano a dover gestire in casa disabili, malati psichici, anziani con demenze, da quando a metà marzo sono stati chiusi i centri diurni. Situazioni di isolamento, potenzialmente esplosive, a maggior ragione nei casi di solitudine.

    L’Alleanza contro la povertà a livello nazionale ha chiesto fin da subito un potenziamento del Reddito di cittadinanza soprattutto per correggere criteri di accesso penalizzanti per le famiglie numerose, i minori e gli stranieri, che saranno ulteriormente colpiti dalla crisi in corso, e rafforzare la presa in carico delle persone in condizione di bisogno, attraverso un'implementazione dell’infrastruttura sociale sul territorio. Da questo punto di vista confidiamo e sosteniamo l’impegno della Direzione servizi sociali della regione Veneto per intervenire su RdC e Ria, oltre che su altre specifiche misure come per esempio gli Empori alimentari.

    Ognuno insomma è in campo, come riesce e come può. Cercando di non lasciare nessuno indietro.

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira