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“Non sono impotente, davanti a tutti i problemi del mondo!”

    “Non sono impotente, davanti a tutti i problemi del mondo!”

    Una giovane trevigiana racconta l’esperienza estiva con Terre e libertà in Albania

    Mi presento: mi chiamo Monica ho 18 anni e vivo a Montebelluna in provincia di Treviso; sto per iniziare il quinto anno al liceo scientifico e lo scorso 3 agosto sono partita con Ipsia per il progetto "Terre e libertà" con destinazione Shkoder (Scutari), nel nord dell'Albania. Prima di partire ero piuttosto preoccupata ma la curiosità e la volontà di mettermi in gioco erano forti.

    La missione principale di "Terre e libertà" è quella di contribuire allo sviluppo sociale dei territori attraverso l'animazione: questa si è alternata a momenti culturali in cui ho potuto ampliare la mia conoscenza del comunismo albanese e a momenti di svago con gite ed escursioni.

    Abbiamo operato in tre realtà molto diverse tra loro: le mattinate si sono svolte nella casa famiglia Sole, residenza di uomini e donne con disabilità mentali e fisiche, qui ho compreso come la lingua sia pressoché inutile per esprimere emozioni e gratitudine e come si possa realmente comunicare attraverso gesti, sorrisi e molto spesso calorosi abbracci.

    La seconda realtà con cui siamo entrati in contatto è la residenza estiva dell'orfanotrofio statale di Scutari a Velipoje: qui con l'aiuto prezioso del nostro facilitatore Alkid comunicare con i ragazzi é stato semplice, tuttavia questo contesto mi ha colpito moltissimo dal momento che inizialmente è prevalso in me il senso di impotenza davanti alla sofferenza e al passato nascosti dietro quei sorrisi. Credevo di non poter fare molto per loro e sono stati loro invece a farmi capire come con corse scatenate, solletico o semplici gesti affettuosi stavo davvero trasmettendo loro amore.

    Infine due pomeriggi sono stati dedicati all'animazione in piazza a Koplik dove abbiamo collaborato con ragazzi Scout di Torino e ragazzi dell'oratorio della città: in questa occasione abbiamo sperimentato il clima di festa e la voglia di aggregazione che caratterizza anche i giovani albanesi miei coetanei, come tutti i giovani del mondo.

    Terminare un'esperienza cosí forte mi ha causato una certa malinconia, ma mi ha anche trasmesso una grande carica di energia e una voglia di vivere incredibile: nelle persone che ho incontrato ho trovato vita e forza, in particolare nei bambini che, pur orfani, sono comunque carichi di speranza per il futuro nonostante il difficile presente.

    Ho capito che vale soprattutto il tempo che dai e io in fondo ho dato solo due settimane della mia estate, quello che ho ricevuto non si può descrivere.

    A 18 anni spesso ti senti inutile davanti ai tanti problemi del mondo, protetto dalla tua casa e dai tuoi genitori, comodo nelle tue quotidiane occupazioni, al sicuro in un paese che non è poi così male... io mi sentivo così prima di partire ma ora la mia prospettiva è cambiata: tutti possiamo fare qualcosa, bisogna aver voglia di partire e il coraggio di superare barriere culturali e sociali, spesso più mentali che reali.

    A tutti coloro che mi hanno chiesto perché io sia partita senza conoscere i miei compagni di avventura, per una meta così insolita, voglio dire che l'esperienza è stata meravigliosa.

    Innanzitutto è stato un privilegio conoscere i miei otto compagni di viaggio: persone in gamba, capaci di confronto e collaborazione, ricchi di esperienze e qualità per me nuove perché sconosciuti. In secondo luogo devo dire che l'Albania non é poi così lontana e anche nel mio paese conosco diverse persone che da lì provengono (tra le quali anche una mia compagna di classe): è un bene rendersi conto di persona di cosa questi amici hanno lasciato e di cosa pensavano di trovare.

    E da ultimo vorrei gridare a tutti che sono una cittadina del mondo e nessun paese è straniero o diverso.

    Voglio ringraziare l'associazione Ipsia per questa opportunità, i miei compagni per aver condiviso questa esperienza e i miei genitori per avermi sostenuta e appoggiata in questa avventura.

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira