a cura di Chiara Pozzi, Ufficio Lavoro Patronato Acli Treviso
I lavoratori e le lavoratrici affetti da una malattia oncologica devono affrontare un immediato cambiamento di vita e i riflessi della malattia sul rapporto di lavoro. La malattia infatti può essere causa di impossibilità sopravvenuta alla prestazione di lavoro.
Gli stessi familiari che sono chiamati ad assistere il malato nel periodo di cura, devono altresì aiutarlo a comprendere tutti gli istituti contrattuali e previdenziali a sua tutela. Nel tempo infatti il nostro sistema legislativo ha predisposto norme in grado di rendere effettivi diritti garantiti dalla nostra Costituzione, quali il diritto al lavoro, alla salute e ad avere i mezzi necessari ad una vita dignitosa.
La malattia oncologica ha subito effetto sul rapporto lavorativo.
Come ogni stato morboso, deve essere tempestivamente comunicato al datore di lavoro e comprovato da idoneo certificato medico. Il lavoratore ha in questo modo garantita la conservazione del posto di lavoro per un tempo definito dalla legge o dal contratto collettivo applicato all’azienda in cui presta la propria attività. In questo periodo, detto “periodo di comporto”, il datore di lavoro non potrà intimare il licenziamento se non per gravi inadempienze del lavoratore stesso. L’assenza per malattia è quindi giustificata e il licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto è nullo. Il lavoratore ha in questa fase diritto ad un trattamento economico che può essere a carico dell’Inps o del datore di lavoro oppure di entrambi.
Se di norma il lavoratore ammalato ha l’obbligo di essere al proprio domicilio per consentire il controllo dello stato di malattia durante precisi orari dette “fasce di reperibilità”, tale obbligo viene meno per patologie che chiedono terapie salvavita e stati patologici che hanno determinato una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 67%. Il diritto all’esonero spetta sicuramente in caso di neoplasie in trattamento chirurgico e neoaudiuvante, chemioterapico e radioterapico.
Prima del superamento del periodo di comporto la maggior parte dei contratti collettivi prevede che il lavoratore abbia diritto, su sua formale richiesta, ad un’aspettativa di norma non retribuita al fine di conservare il posto di lavoro per un tempo ulteriore.
Salvo quanto previsto per i periodi di aspettativa sopra indicati, l'assenza per malattia con riconoscimento di un trattamento economico è utile ai fini del trattamento di fine rapporto e della maturazione di tutti gli istituti contrattuali, quali a titolo le ferie, la tredicesima, gli scatti di anzianità ecc. e ai fini contributivi.
Svolte le opportune verifiche rispetto al c.d. periodo di comporto, il lavoratore affetto da malattia oncologica deve compiere i passaggi necessari ad ottenere i benefici economici e non, riconosciuti a fronte del suo stato. Tale iter inizia con il rivolgersi al proprio medico di base che deve rilasciare il certificato medico introduttivo per l’accertamento dello stato di invalidità civile. A seguito del rilascio del certificato medico introduttivo, si può presentare domanda all’Inps per il riconoscimento dell’invalidità. A tale domanda segue l’invito a visita presso le Commissioni medico-legali. È bene evidenziare che, nonostante i termini ordinatori siano sensibilmente lunghi, in caso di malattia oncologica la visita deve essere effettuata entro 15 giorni e in alcuni casi la domanda può essere validata anche senza la visita in presenza. Per i soli malati oncologici, anche se l’iter della domanda è ancora in corso, si può presentare una nuova domanda di aggravamento.
Alla visita medica seguono i verbali dell’Asl che accertano da un lato il grado di invalidità civile e dall’altro la gravità dell’handicap. Tali percentuali attestanti la gravità dello stato morboso si basano su parametri totalmente diversi.
Il riconoscimento dell’invalidità civile si basa sulla valutazione della riduzione della normale capacità lavorativa. Qualora venga accertata una percentuale di invalidità compresa tra il 74% ed il 100% e il proprio reddito sia entro i limiti annualmente definiti, si avrà diritto a delle prestazioni economiche erogate dall’Inps su domanda dell’interessato (assegno mensile agli invalidi civili parziali o pensione di inabilità agli invalidi civili totali). E’ bene evidenziare che l’eventuale riconoscimento dell’invalidità civile al 100% non preclude a priori la possibilità di svolgere attività lavorativa.
A chi è stata riconosciuta un’invalidità civile totale, se non è in grado di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o comunque non è in grado di compiere atti di vita quotidiana, spetta altresì l’indennità di accompagnamento, salvo non sia ricoverato in un istituto di cura.
Se la commissione certifica anche l’handicap con connotazione di gravità ai sensi della legge 104/92 art. 3 comma 3, vengono riconosciuti da un lato alcuni benefici a favore del lavoratore affetto dalla patologia al fine di agevolare la cura, dall’altro ai suoi familiari, anch’essi lavoratori, coinvolti nell’assistenza. La legge 104 definisce “persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva; che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa; e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”. Qualora l’handicap sia riconosciuto grave, ossia “la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”, il lavoratore ha diritto a permessi retribuiti fino a due ore se l’orario di lavoro è pari o superiore alle 6 ore o a 3 giorni di permesso al mese.
Lo stesso verbale di accertamento dà la possibilità al lavoratore dipendente che assiste una persona con handicap grave di fruire di 3 giorni di permesso al mese purché la persona disabile non sia ricoverata a tempo pieno.
Il D.lgs. 151/2001 ha poi previsto il diritto ad usufruire fino a due anni di congedo retribuito a favore dei familiari, secondo un ordine di priorità, che devono assistere il malato con handicap grave purchè non ricoverato a tempo pieno.