"La battaglia per le pari opportunità nel mercato del lavoro è ancora molto lunga," è quanto afferma Agnese Ranghelli, Responsabile del Coordinamento Donne delle Acli.
"Ecco perché l’8 marzo è un’occasione per ricordare che il welfare da solo non basta, visto che molto spesso è ridotto al solo strumento del part-time, volontario o meno. La percezione femminile di essere discriminate all’ingresso nel mondo del lavoro e durante lo svolgimento della propria professione non è una forma di vittimismo," prosegue Ranghelli, "sono 25.000 all’anno le donne che lasciano il lavoro per la nascita di un figlio".
"Per contro, il 25% delle donne rinuncia alla maternità per motivi professionali o economici. La fotografia fornita da Inps e Istat, già di per sé significativa, non rende ancora giustizia alle storie di queste donne costrette ad operare scelte personali spesso laceranti".
Accanto a ciò, si osserva come le donne siano un motore economico fondamentale per la società di oggi e non solo per il lavoro di cura, difficilmente quantificabile ma che vale 1,5 punti del PIL.
"Ecco perché," conclude la Ranghelli, "è più che mai necessario che l’8 marzo resista come ricorrenza celebrativa della donna, perché offre l’occasione di riflettere su temi e problemi economici e sociali che, ancora troppo spesso, non vengono presi in adeguata considerazione dalle forze politiche, dalle istituzioni, dal mondo dell’impresa e dalla società civile".
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Fonte: acli.it.